Martedì, 09 Gennaio 2018 10:44

Riscaldamento condominiale

 

La gestione dell’impianto di riscaldamento condominiale è da sempre tema complesso e problematico, ora di estrema attualità. 

Il 31.12.2016 (da più parti, però, si stanno chiedendo proroghe) scade, infatti, il termine ultimo entro il quale i Condomini debbono ammodernare gli impianti di riscaldamento per adeguarsi alle direttive europee per la promozione ed il miglioramento dell’efficienza energetica, segnatamente la direttiva 2012/27/UE che ha reso obbligatoria la misurazione e contabilizzazione individuale del riscaldamento negli edifici.  

Si tratta dell’affinamento e della continuazione della politica di risparmio energetico e di riduzione dei consumi altamente inquinanti che in Italia aveva già condotto all’approvazione della L. 9.01.1991 n. 91 introduttiva del principio della ripartizione delle spese secondo il consumo effettivo.  

 

L’anzidetta direttiva 2012/27/UE è stata recepita dal D. Lgs. 4.07.2014 n. 102 che, all’art. 9 co. V, introduce ed impone, appunto, l’obbligatoria contabilizzazione, termoregolamentazione e misurazione individuale del calore nei Condomini, provvedimento che, oggi, deve essere letto in combinato disposto con il correttivo D. Lgs. 141/2016 approvato in conseguenza della procedura di infrazione con cui l’Europa ha contestato all’Italia l’inesatto recepimento delle direttive europee.  

 

Deve essere, altresì, coordinato con l’ancora vigente DPR 16.04.2013 n. 74 rubricato “Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari”.  

 

Vero, poi, che il D. Lgs. 102/2014, all’art. 3 co. II, conferma la potestà legislativa concorrente delle Regioni, ma è da ritenere che della disciplina regionale approvata per disciplinare la contabilizzazione individuale del calore resti salva solo quella più restrittiva rispetto alla normativa nazionale.  

 

Esistono, infine, bonus, detrazioni fiscali ed incentivi statali per gli interventi di adeguamento alla norma e per la sostituzione delle caldaie volti alla riqualificazione energetica delle singole unità abitative che, nell’ambito del disposto adeguamento. 

 

CHI SONO I SOGGETTI TENUTI?  

L’individuazione dei soggetti tenuti agli obblighi di adeguamento è affidata all’art. 9 co.V. 

Le incombenze sono a carico esclusivo del distributore di gas o teleriscaldamento laddove vi sia una situazione di allaccio alla rete di teleriscaldamento/teleraffrescamento o laddove la fornitura intervenga tramite fonte di riscaldamento/raffreddamento centralizzata (art. 9 co. V lett. A). L’adempimento – che, si ripete, non grava sul Condominio - concerne l’installazione di un contatore di fornitura in corrispondenza dello scambiatore di calore di collegamento alla rete o del punto di fornitura dell’edificio o del condominio. 

Gli obblighi a carico del Condominio sono, invece, previsti dall’art. 9 co. V lett. B e C e riguardano tutti gli edifici con impianto di riscaldamento, raffreddamento ed erogazione acqua calda centralizzato, anche nella forma del teleriscaldamento. Laddove l’immobile abbia un risalente impianto a distribuzione verticale (dove il calore viene ricevuto da montanti che servono i locali di ogni piano dell’edificio posti sulla stessa colonna), il sistema deve essere corretto mediante cd. “contabilizzazione indiretta” con ripartitori di calore e valvole su ogni radiatore. I ripartitori sono strumenti atti alla misurazione e contabilizzazione del calore individuale che consentono il prelievo solo di quanto necessario; le valvole, invece, sono dispositivi per controllare la temperatura nei diversi ambienti. Negli edifici più recenti c’è distribuzione orizzontale che intercetta la mandata ed il ritorno di calore per ogni unità immobiliare e la contabilizzazione deve avvenire nella forma diretta con meri contacalorie per ogni unità immobiliare, da collocare nel punto di consegna tra impianto centralizzato ed impianto individuale.  

 

CI SONO ECCEZIONI?  

Esistono eccezioni all’imposto adeguamento. Sono gli impedimenti di natura tecnica ed i casi in cui il costo per l’adeguamento risulti molto superiore ai benefici. La relativa valutazione deve essere attestata da relazione tecnica a firma di professionista termotecnico in sede assembleare.  

 

QUALI SONO GLI ADEMPIMENTI PREORDINATI AL RISPETTO DELLA LEGGE?  

L’Amministratore del Condominio deve convocare un’assemblea, eventualmente anche in via straordinaria se la calendarizzazione dell’ordinaria non consente il rispetto della tempistica di legge.  

L’ordine del giorno concerne la discussione non sull’an dell’adeguamento (è obbligo di legge, quindi norma imperativa ed inderogabile da eventualmente diversa volontà assembleare che darebbe luogo, sul punto, a delibera nulla ex art. 1418 c.c.), ma sulle modalità di adeguamento al D. Lgs. 102/14. Concretamente l’assemblea, quindi, ha il compito di incaricare un professionista termotecnico che, previo sopralluogo delle unità immobiliari, deve stilare relazione descrittiva dell’intervento di adeguamento dell’impianto in funzione anche del miglioramento energetico, fornire indicazioni esecutive e procedere a calcolare i riparti delle spese. Del pari, l’assemblea deve dare incarico per l’esecuzione dell’intervento a società che si richiede specializzata nel campo e che, annualmente, deve provvedere anche alla lettura dei contatori. Di nomina assembleare anche la figura del manutentore e, se occorra, del Direttore dei Lavori per sovrintendere all’intervento. Per il progetto e per la relazione tecnica i riferimenti normativi sono la L. 9.01.1991 n. 10 ed il D.M. 22.01.2008 n. 37 

 

CHI PARTECIPA ALL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE?  

Alla delibera partecipano quei condomini che usufruiscono dell’impianto centralizzato. 

Può verificarsi una situazione di condominio parziario, laddove l’impianto non serva tutte le unità immobiliari del Condominio, con conseguente applicazione dell’art. 1123 co. III c.c. e delibera solo da parte dei condomini che se ne servono.  

All’assemblea sono chiamati anche eventuali proprietari di unità immobiliari che, in passato, abbiano usufruito del distacco, perché tuttora gravati dalle spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato (art. 1118 cpv c.c.). Ad essi spettano, pro quota, i deliberati costi di progettazione e quelli degli interventi sulla centrale termica, non anche, ovviamente, quelli per l’adeguamento della contabilizzazione del calore nella loro proprietà individuale.  

La convocazione deve essere rivolta anche al conduttore che può partecipare, con diritto di voto, alle assemblee per l’ordine del giorno concernente “spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria” e, senza diritto di voto, “sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni” (art. 10 L. 392/78). Si rammenta altalenante giurisprudenza in tema di convocazione, con contrasti sull’individuazione del soggetto tenuto a chiamare in assemblea il conduttore, alternativamente individuato nell’Amministratore o nel proprietario.  

 

QUALI SONO LE MAGGIORANZE DELIBERATIVE?  

L’incarico al tecnico e l’appalto alla società esecutrice si approvano con la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà dei millesimi dei condomini. Ciò perché la decisione viene sussunta tra le innovazioni (art. 1120 e 1136 co. V c.c.; art. 26 co. V L. 10/91). 

Stesso quorum per l’adozione – ove occorra delibera al riguardo (vd infra) – del nuovo criterio di ripartizione della spesa che, così, può – eccezionalmente – modificare con maggioranza qualificata quanto previsto nel regolamento contrattuale. Nulla quaestio, invece, per la modifica di un regolamento assembleare con detta maggioranza, trattandosi di mera applicazione dell’art. 1138 co. III c.c. 

 

COME SI RIPARTISCONO I COSTI DELL’INTERVENTO?  

Il costo per il tecnico incaricato di stilare il progetto e di redigere il calcolo per la spesa del riscaldamento deve essere ripartito ai sensi dell’art. 1123 c.c. in base alla tabella millesimale generale.  

Si applicano i criteri generali dell’art. 1123 c.c. anche per i costi sostenendi sull’impianto generale di proprietà comune.  

Invece, il costo delle valvole termostatiche e dei ripartitori sono a carico dei singoli proprietari, perché trattasi di lavori da eseguire nella proprietà privata, oltre il punto di distacco della colonna montante. Resta, però, la particolarità di un intervento da eseguirsi nell’unità abitativa il cui proprietario deve accettare i termini di un contratto stipulato dal Condominio che ha negoziato modalità di incarico e di pagamento con installatore scelto a maggioranza.  

 

CHE COSA ACCADE SE L’ASSEMBLEA NON RAGGIUNGE ACCORDO?  

Nell’ipotesi in cui non si raggiunga accordo o la delibera non venga eseguita, ciascun condomino può rivolgersi all’Autorità Giudiziaria. 

E’, altresì, consigliabile, a tutela dell’Amministratore medesimo, che questi metta a verbale le conseguenze del mancato ottemperamento alla normativa da parte dell’assemblea, unico soggetto deputato ad assolvere gli obblighi di legge.  

Qualora un singolo condomino non consenta l’accesso alla propria unità per l’intervento di valvole e contabilizzatori del calore, il Condominio ha azione per ottenere dal Tribunale autorizzazione coattiva all’accesso (Trib. Roma, sez. V., 29.04.2010) 

 

CHE COSA CAMBIA IN TEMA DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE DI RISCALDAMENTO?  

Il D. Lgs. 102/2014 modifica anche i criteri di ripartizione delle spese iussu legis con norma imperativa (art. 9 co. V lett d).  

Per i Condomini tenuti all’adeguamento, fatta salva la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi dove possono eccezionalmente applicarsi ancora riparti in base ai millesimi di proprietà, l’importo si divide secondo la norma tecnica UNI 10200 che lega il costo non più ai millesimi di proprietà, ma agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto.  

Più esattamente, la spesa totale è data, per ciascun condomino, dalla sommatoria di “quota a consumo” (il prelievo di calore dell’unità, come misurato dalla lettura dei ripartitori installati sui singoli radiatori) e da “quota per potenza termica impegnata” (dipendente dal consumo involontario per dispersioni dell’impianto, spese per la conduzione della centrale termica, per la manutenzione ordinaria e la gestione del servizio di contabilizzazione del calore ripartita, invece, in base ai millesimi che, però, sono slegati dalla misura della proprietà, ma dipendenti dal fabbisogno di energia termica utile per il riscaldamento ed individuati dal termotecnico. La proporzione tra le due voci (che ragionevolmente oscilla, per la seconda, tra il 20 ed il 40% dell’intero) è frutto di calcoli che tengono conto delle caratteristiche dell’impianto. L’Assemblea condominiale non ha, quindi, poteri in merito.  

Da sapere che la norma tecnica UNI 10200 è stata modificata nel 2015 nel tentativo di renderla più adeguata alla funzione di criterio generale di ripartizione delle spese di riscaldamento. Si deve, quindi, allo stato, far riferimento alla versione pubblicata il 11.05.2015 e rubricata “Impianti Termici centralizzati di climatizzazione invernale e produzione di acqua calda sanitaria – Criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale ed acqua calda sanitaria” seppur il testo sia già stato oggetto di contestazione e presumibilmente sarà a breve oggetto di nuova revisione. Si è lamentato, infatti, da più parti che non sono previsti ed imposti ripartitori programmati e, quindi, al condomino non è consentito verificare sul display del dispositivo il proprio consumo ed inoltre la norma non consente correzioni in relazione alla posizione dell’alloggio e delle sue superfici disperdenti. 

I Condomini che, alla data di entrata in vigore della legge, avessero già installati dispositivi, possono, in deroga, mantenere la ripartizione dei costi già in uso, purché basata su criteri conformi a legge. 

Laddove, infine, operi esenzione all’adeguamento per inapplicabilità della norma tecnica o perché la norma tecnica, applicata, mantenga comprovate differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio superiori al 50%, allora il 70% dell’intero importo deve essere suddiviso tra gli utenti finali in relazione agli effettivi prelievi volontari, il restante 30% con modalità deliberande dall’assemblea secondo millesimi, metri quadri, metri cubi utili, potenze installate etc... 

 

QUALI SONO LE SANZIONI PER IL MANCATO ADEGUAMENTO?  

Dal 1° gennaio 2017 (salvo proroghe), l’inadempienza agli obblighi di adeguamento degli impianti è passibile di sanzione amministrativa pecuniaria da € 500,00 ad € 2.500,00, irroganda sia al proprietario dell’unità immobiliare che al condominio (art. 16 co. VII). Non sono cause giustificative l’esibizione di verbali assembleari o di relazioni tecniche non ancora eseguiti. Pari sanzione al Condominio che non ripartisca le spese secondo le disposizioni di legge (art. 16 co. VIII).  

La L. 10/91 punisce con sanzione amministrativa non inferiore ad € 516,45 e non superiore ad € 2.582,28 la mancata presentazione in Comune del progetto e della relazione tecnica, mentre il proprietario dell’edificio in cui siano eseguite opere difformi dai documenti presentati in Comune è soggetto a sanzione amministrativa nella misura compresa tra il 5 ed il 25% del valore delle opere.  

 

QUAL È – OGGI - L’INTERESSE AL DISTACCO DALL’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO CENTRALE?  

Il distacco del singolo condomino dall’impianto di riscaldamento centrale è tema, da sempre, affidato alla giurisprudenza che ne aveva determinato in via pretoria ogni questione, sia in merito ai requisiti di fattibilità dell’intervento, che agli aspetti deliberativi ed ai conseguenti riparti di spesa, concludendo trattarsi di diritto non subordinato ad autorizzazione/approvazione assembleare, purché non sia fonte di spese o di inconvenienti alla funzionalità dell’impianto.  

La riforma della materia condominiale (L. 11.12.2012 n. 220) ha codificato l’orientamento delle Corti introducendo all’art. 1118 c.c. un capoverso che dispone: “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”. Con il limite dell’eventuale divieto imposto nei regolamenti contrattuali (predisposti dall’originario unico proprietario o approvati all’unanimità), poiché l’introdotta norma non è compresa tra quelle inderogabili ex art. 1138 c.c. 

 

Oggi, però, l’argomento ha perso interesse, anche perché il complessivo impianto normativo in materia, di derivazione comunitaria e, quindi, prevalente sul mero disposto nazionale, nell’incentivare il risparmio energetico, promuove la contabilizzazione ed esclude la convenienza del distacco operato singolarmente, tra l’altro pure vietandolo o sottoponendolo a stringenti vincoli preliminari (l’art. 9 decreto interministeriale 19.02.2007 esclude dai benefici fiscali la trasformazione dell’unico impianto centralizzato in singoli impianti autonomi; l’art. 4 co. IX DPR 2.4.2009, n. 59 lo considera intervento eccezionale; l’art. 3 co. II lett. 2 D. Lgs 192/2005 impone parametri rigorosi di rendimento energetico dell’impianto così separato).  

Questo articolo dell'avv. Giosetta Pianezze è tratto dal giornale "LA STAMPA" , 8 dicembre 2016 (leggi qui)

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